Rage against the bulli

Il giorno in cui è uscito il Vanity con Vanessa Incontrada nuda in copertina un mio collega mi ha dato della cicciona. Così, per gradire. Ha detto proprio «l’insalata è per sta cicciona», con lo stesso tono di voce con cui qualche mese fa raccontava commosso di tutte le angherie subite dai bulli prima di sottoporsi all’operazione per ridurre lo stomaco (e con la medesima enfasi con cui pochi giorni prima mi faceva sapere che sono il suo sogno erotico, e che a volte si sveglia talmente eccitato da non sapere come giustificare tanta veemenza con la moglie).
L’ho rimesso al suo (piccolissimo) posto con un’eleganza ed una compostezza che non sono assolutamete da me, poi sono corsa al piano di sotto a piangere sulla mia insalata (che è decisamente più da me), perché avrò anche quarant’anni e una buccia spessa tre centimetri, ma sono fatta di carne anch’io, e pure parecchia.

Uscita dal lavoro mi sono comprata un bel mazzo di fiori che mi sentivo di meritare, ho piagnucolato a tutti i semafori (oh, mai che in queste occasioni ci sia un motociclista che si volti e dica semplicemente «Ciao, vuoi sposarmi?»), e infine ho sfogato sui social tutta la mia rage against the bulli con un post acchiappalike che mi sentivo di meritare.
Quando pubblico qualcosa in difesa delle donne si pigia in automatico il pulsante del SalvaFedeMingarelli, e le mie amiche avviano la catena consolatoria del chi ti ha maltrattata, chi è la merda, sei bellissima, sei intelligente, hai quegli occhioni e anche a me è capitato e mi sono sentita così. Il dato sconvolgente è infatti che tutte le donne che conosco – che siano sotto o sovrappeso, bionde, more, alte, basse, ricce o rasate a zero – hanno subito qualche infondato attacco sull’aspetto esteriore, che ha minato indelebilmente la loro autostima. E il dettaglio ancora più assurdo è che si tratta di donne oggettivamente bellissime, che tutti i miei amici si metterebbero in fila per corteggiare, che hanno ruoli di responsabilità in mestieri importanti, caratteri tosti, studi alle spalle, sensibilità e dolcezza da vendere, intelligenza sopraffina e cultura smisurata. Eppure tutte si sentono sotto pressione perché hanno le rughe, la cellulite, qualche chilo di troppo o qualcuno di meno, i peli, pochi capelli, troppi capelli, il culone, le tettine e potremmo davvero stare qui fino all’alba ad elencare parti del corpo a caso con cui sicuramente qualcuna ha un pessimo rapporto. Tra i tanti messaggi di solidarietà mi è inaspettatamente apparsa Emilia, con cui ho un rapporto di stima professionale smisurato e che ammiro anche molto per la sua bellezza/fisicità/stile. Mi ha scritto cose di una dolcezza quasi materna e poi, raccontandomi la sua esperienza, ha detto una frase che mi è rimasta impressa: «Non ho mai avuto dubbi sulla mia intelligenza». Già, nemmeno io. A pensarci bene, il mio soprannome al lavoro è sempre stato “la giornalista fallita”, eppure la cosa non mi ha mai fatta piangere sull’insalata.

Quotidianamente riceviamo giudizi e commenti sulla nostra interiorità (“scema”, “rincoglionita”, “sfigata”, “cretina”), sulle nostre scelte di vita (“vegetariana del cazzo”, “gattara”, “zitella”), ma non ci scalfiscono mai quanto gli insulti sull’aspetto esteriore. Eppure la merda incartata in un bel pacchetto rimane sempre merda. E l’intelligenza, sulla quale né io né Emilia nutriamo alcun dubbio, sbriluccica come pietre preziose anche se ricoperta di difetti fisici o presunti tali.
Ho fatto un po’ di ricerche sull’argomento bulli e body shaming, capitando per caso sul racconto di una psicologa infantile, che ha deciso con il marito di evitare di parlare dell’aspetto fisico delle persone davanti ai bambini, per educarli a non dare importanza alla superficie. In pratica ci si riferisce agli amichetti giudicandoli in termini di intelligenza, dolcezza, bravura nei calcoli, creatività nei giochi. Così nei giorni successivi mi sono concentrata per contare quante volte al giorno esprimo giudizi (positivi o negativi) sull’aspetto esclusivamente esteriore delle persone che incrocio, anche solo limitandomi a pensarli. Centinaia.

Tutti noi, quando rivediamo qualcuno dopo mesi o anni, tendiamo a commentare quanto sia ingrassato o dimagrito, invecchiato bene oppure male; non credo di aver mai ricevuto una telefonata tipo «Oh ma sai che ho appena beccato tizio e l’ho trovato estremamente lucido ed equilibrato?».
Viviamo un’epoca in cui la scatola vale di gran lunga più del contenuto. Tutti ci sentiamo di non essere abbastanza belli (per chi?), di non rientrare negli standard imposti (da chi?), di dover aspirare ad una perfezione estetica impossibile e spesso inadatta a noi. L’essere speciali e brillanti dentro sembra non essere sufficiente a superare il dolore di avere un brutto fiocco intorno, dove l’aggettivo “brutto” è stato appiccicato da nessun altro se non da noi stessi. Ci imponiamo di essere diversi e poi passiamo la vita a soffrire per quello che siamo, senza renderci conto che tutti hanno le stesse paranoie e debolezze, anche quelli che vorremmo essere.

Voglio che la bellezza sia per me la somma di tutti i sacrifici che ho fatto per lucidare le mie gemme, che nei miei occhioni si intravedano dolcezza e fragilità, che nella mia morbidità si percepiscano tutti i dolori che ho affrontato con la mia sola forza, che il non sentirmi mai abbastanza colta sia la chiave per scoprire quanto lo sono. I bulli siamo noi, siamo i primi e più accaniti giudici di quel contenitore che serve solo a portare in giro le impressioni che abbiamo dentro. Siamo gli unici a poter interrompere la sofferenza del giudizio, annullandone il potere. With a little help from my (bellissimi) friends, naturalmente.

Un pensiero riguardo “Rage against the bulli

  1. il tuo collega è uno stronzo.
    va beh, già lo sapevi, ma ha voluto ferirti in un contesto pubblico (in mensa o ristorante, non ho capito) in mezzo ad altre persone (“l’insalata è della cicciona” detto a una terza persona): in estrema sintesi, meschino!
    Anche la più strutturata delle donne tentenna davanti a una affermazione del genere quindi non devi colpevolizzarti. Però sappi che un comportamento così dice molto di più di lui, di quanto sia insicuro e infimo, che di te (sei sovrappeso? e che sarà mai, tieni sotto controllo la salute e vivi la tua vita)
    vivi serenamente, tu non sei il tuo peso, nessuno lo è, nessuno è unicamente il proprio aspetto fisico e chi vuole fartelo credere non ha nulla di cui andare fiero!

    "Mi piace"

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